Della complessità del Verdicchio (e del mondo): "NOn è il viNo dell'eNOlogo - Lessico di un vignaiolo che dissente".


“E poi, in Italia, c'è il razzismo verso il vino bianco. Ai rossisti più intransigenti, così come ai puristi del vino tecnico, ci sono alcuni  vini bianchi che vorrei far assaggiare, per comunicare il concetto difficile e controverso di complessità. (Corrado Dottori, Non è il vino dell'enologo)

Non è il vino dell'enologo me lo sono letto tutto d'un sorso. Scorre giù che è un piacere sottoforma di zibaldone di pensieri, che diviene lessico *per un'altra contadinità*, personale manifesto contro la costruzione enologica di un gusto innocuo che non tollera tensioni e contrasti. Alla lettera C arriva il termine fulcro: "complessità". L'autore, il vignaiolo dissidente Corrado Dottori, ha scritto un libro complesso come il suo vino Verdicchio, dove tematiche quali la globalizzazione, altrove ridotte a slogan, vengono qui affrontate nelle proprie profonde contraddizioni.

Si parla di vino per parlare di altro, lo avrete capito. C'è tanta musica ad esempio: Kind of blue di Miles Davis, Civilians di Joe Henry, Hallelujah, quella di Jeff Buckley e pure The Heart of Saturday night di un giovane Tom Waits, all'epoca sprovvisto della sua inconfondibile e irresistibile voce martoriata.

Il racconto inizia con la morte, improvvisa, del padre del narratore. L'intimo ricordo del loro rapporto e il duro percorso dell'elaborazione del lutto costituiscono uno dei fili rossi del libro. «Perché la realtà è che passato il dolore resta il vuoto. Quando dall'altra parte della cornetta manca una voce, quando non ti appare più quel viso, quando ti viene in mente un ricordo e non puoi più condividerlo».

Si parla poi di scelte. Radicali. Come quella di abbondonare il redditizio lavoro come broker di una grande banca internazionale, e da Milano tornarsene tra le vigne del paesello marchigiano, quello delle estati libere e felici da bambino: Cupramontana, Castelli di Jesi, provincia di Ancona. Si parla quindi di Marche. E di terra. «Se penso alle Marche, penso a paesaggi come questi. Colline e montagne che si stagliano rigorese, nette. Se penso alla campagna penso a questa bellezza, a questi colori, alla solida certezza che viene dalla terra, immobile, tutta intorno a me».

Si parla d'amore. Per la sua compagna Valeria, «la variabile imprevista», «la chiave di tutto», la madre dei suoi due figli: Giulia nasce poco dopo la morte di suo nonno. Il lessico si chiude così con la parola "vita", intesa anche come raggiungimento di serenità e come riscoperta di senso. «Come se tutta quella sensazione di vuoto che mi è parsa dominare gran parte della mia vita fosse spazzata via dalla distesa di colline che ho innanzi agli occhi, scintillante di luce autunnale, spazzata dal freddo vento di tramontana».

Non è il vino dell'enologo pubblicato da Derive Approdi nell'ottobre del 2012 e ristampato nel gennaio seguente, è un libro profondamente politico che scardina luoghi comuni e furbe retoriche. Dottori svela cosa si cela dietro la *costruzione del vino* convenzionale, processo che  paragona all'utilizzo di *algoritmi del successo* in ambito editoriale e discografico per produrre best-seller letterari e hit musicali, e che simboleggia il dominio in ogni campo del *gusto tecnocratico* e omologato atto ad uccidere sul nascere le dissonanze. L'autore denuncia al contempo il *marketing della nicchia* e la moda dei vini biodinamici, fugaci trend lanciati attraverso l'utilizzo, spesso a sproposito o stumentale, di termini d'appeal quali "biologico", "naturale", "terroir". E si chiede inoltre: serve davvero la ricerca della qualità se poi risulta episodica e inaccessibile ai più? «Il rischio è che si mangi e si respiri male tutto l'anno, salvo quando ci si riesce a permettere una fettina di vero formaggio d'alpeggio o una piccola vacanza all'aria aperta. Il rischio è che solo una piccola parte della popolazione possa comprarsi prodotti "buoni, puliti e giusti", magari nel superfigo mercato in pieno centro. Il rischio è che i poveracci siano costretti a mangiare le schifezze del discount a basso costo delle periferie metropolitane. Questa è la via americana al cibo. No, l'agricoltura contadina è un altra cosa». Quest'altra cosa è la sua storia. Che è anche molto altro.
Il viaggio di Corrado Dottori da impiegato di una banca milanese a contadino marchigiano ha certamente del Don Chisciotte, ma è un racconto di tale concretezza e giubilo da avere in sé anche un pizzico di Rabelais e almeno una goccia di Montaigne. Arriverei persino a dire che questo viaggio straordinariamente intimo e generoso verso la forma più avanzata di impegno politico (e spirituale) può essere usato come guida (e come anti guida) da qualunque individuo urbanizzato che sogni di rendersi utile nella lotta per la salvezza della cultura e dell'ambiente. Jonathan Nossiter



° Lo scorso 25 gennaio Corrado Dottori è stato ospite del Csa Sisma di Macerata: prima della cena con prodotti bio accompagnata dal suo vino c'è stata la presentazione del libro.  Per l'occasione Emanuele Tartuferi lo ha intervistato:



° Corrado Dottori ha un fratello musicista, Giuliano, che suona la chitarra con gli Amarfu. Stanno organizzando insieme  "Musica Distesa", Festival di musica e vino giunto alla sua quinta edizione dopo due anni di pausa forzata. L'evento si terrà il 28-29-30 giugno proprio a La Distesa, l'agriturismo e azienda agricola di Cupramontana dove nasce il vino di Corrado.



° Il Csa Sisma ha presentato di recente anche un'altra chicca che affronta queste tematiche: Senza trucco. Le donne del vino naturale. Documentario istruttivo e spassoso. Ecco il trailer, qua il resto.



Francesco Spè

Nessun commento:

Posta un commento